Descrizione
C’è un’unità d’Italia che non ha una precisa datazione, che non presenta riferimenti strettamente storico-politici ma che è di tipo etnico-culturale, antropologico, persino geografico, e che per certi aspetti risale forse alla varietà delle culture italiche che hanno preceduto il dominio di Roma.
Quando poi ci si affaccia alla modernità, la svolta è proprio da datare intorno agli anni della nostra unità nazionale e politica, tra il 1861 e il 1915: le innovazioni tecnologiche, nei trasporti e nella comunicazione, dalla diffusione della stampa giornalistica all’arrivo del cinematografo, dall’illuminazione a incandescenza nelle città ai primi voli aerei, sull’orizzonte dell’affermazione di nuove ideologie e di nuove esigenze e sensibilità sociali, determinarono l’affiancamento anche traumatico del passato accanto al nuovo, delle tradizioni accanto alle invenzioni – pensiamo, ad esempio, alle prime vetture a motore che assomigliavano a carrozze semoventi e ai primi circuiti di corse automobilistiche che si effettuavano negli ippodromi.
Si presenta dunque tutta una serie di piccole e grandi rivoluzioni simboliche, dovute sicuramente a varie cause, dai nuovi ordinamenti scolastici alla diffusione dei media via etere, che avrebbero preparato ad esempio il passaggio del suddito politico al suddito mediatico, e l’intreccio tra governanti e miti, attraverso tutta una serie di sconvolgimenti epocali che hanno anche visto la conquista – e le ridefinizioni – della democrazia.
Nella prima parte di questo testo l’autore individua una serie di passaggi significativi, precursori di tante realtà contemporanee ma anche segnalatori di archetipi e costanti del nostro popolo-nazione. Nella seconda parte, teorica, il lettore viene condotto nell’iconosfera, tra fotografia, cinema e media per tentare di focalizzare, sull’orizzonte delle scoperte e degli avvicendamenti tecnologici, le esigenze del visibile, le tecniche, le contraddizioni e le aspettative insite nell’esperienza comunicativa, da quelle più nettamente artistiche a quelle connesse con il bisogno di condividere tempi e spazi ma comunque tutte investite di ideazione, progettualità e applicazione di competenze.
Un saggio interdisciplinare, un resoconto dal taglio accademico, ma dal sapore divulgativo e in-formativo.
Gian Paolo Caprettini insegna presso l’Università degli Studi di Torino dove è direttore del Master in Giornalismo. Tra i suoi libri più recenti: Tutta colpa della tivù (2004), Colpi di testo. Dinamiche dell’immaginario narrativo (2005), Semiotiche al cinema (2006, con A. Valle). Presso Cartman ha pubblicato Extracampus. La televisione universitaria (2008, con L. Denicolai) e la raccolta di poesie Parole peregrine (2010).
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